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La prova provata

La maggioranza della commissione giuridica del Consiglio degli Stati (Commissione) ha respinto la recente decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte), che condannava la Svizzera per non aver fatto abbastanza per proteggere la popolazione dagli effetti negativi della crisi climatica. La Commissione, con un comunicato di una sola pagina del 23 maggio 2024, si oppone a questa "innovazione" giuridica, critica pesantemente l’agire della Corte, ne confuta le risultanze ed esclude di considerare qualsiasi ipotesi di miglioramento delle normative svizzere, concludendo che "non vede pertanto alcuna ragione per dare ulteriore seguito alla sentenza, pronunciata dalla Corte il 9 aprile 2024".

La sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, presa con sedici voti a favore e uno contrario, include un parere dissenziente, rendendo le critiche lecite e ben accette. Tuttavia, su un tema così importante e di fronte a una decisione di questa rilevanza, da una delle più importanti istituzioni giuridiche della nostra nazione, ci si aspetta che articoli il proprio disaccordo e consideri il contesto e i motivi che hanno portato alla decisione. Inoltre, da un profilo giuridico e politico, è da irresponsabili proporre di non dare ulteriore seguito, senza menzionare e valutare che ciò potrebbe costituire una violazione della convenzione.

La Svizzera è conosciuta nel mondo per affrontare questioni complesse e divisive in modo riflessivo, competente e rispettoso delle istituzioni internazionali. Nel parere della Commissione non vi è nulla di questa tradizione, e sono stati anche totalmente dimenticati i bisogni della popolazione. Infatti, la Corte ha valutato attentamente e coscienziosamente gli strumenti e le misure che la Svizzera ha predisposto per far fronte ai cambiamenti climatici. Nella sentenza di 230 pagine, ci sono una serie di valutazioni e di consigli che potrebbero contribuire a migliorare la situazione. Rifiutare di considerarli non è purtroppo solo infantile, ma anche estremamente pericoloso.

La fretta, la superficialità e la trascuratezza con cui la Commissione ha affrontato la questione, fanno ritenere fondato il giudizio secondo cui le autorità non stiano facendo abbastanza e che fosse ormai diventato indispensabile proteggere i diritti fondamentali dell’uomo anche nel contesto dei cambiamenti climatici. In definitiva, la frivola e sconcertante risposta della Commissione sembra essere la prova provata che la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è giusta e opportuna.